Un problema, una situazione, una persona, un paesaggio, insomma, tutto ciò che fa parte del nostro mondo, può essere osservato da diverse prospettive. Si tratta sempre della stessa persona o paesaggio, del medesimo problema, dell’identica situazione, ma il quadro che emerge presenta diversità interessanti che nascono appunto dalla prospettiva dalla quale si osserva. La considerazione vale anche per quell’istituzione secolare di Chiesa sul territorio che è la parrocchia. Sulla sua identità, almeno a livello di documenti, si può correttamente convenire che questa forma di Chiesa (popolo di Dio pellegrino sulla Terra) ha un significato
teologico ed ecclesiale com’è ben descritto dall’esortazione apostolica post-sinodale sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa Christifideles laici (CfL) di san Giovanni Paolo II, del 1988.

In questo  documento importante, la parrocchia è identificata, nel segno della comunione ecclesiale, come «l’ultima localizzazione della Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa
che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie» (26). Questa forma di Chiesa che abita un territorio nel segno della comunione e della popolarità (vicinanza
alla gente tutta, non a elite, ai pochi soltanto) osservata da prospettive diverse, assume però altrettante connotazioni che esprimono diverse sensibilità: per quanto riguarda sia la pastorale ordinaria e sia l’annuncio, sul territorio, del Signore morto e risorto. Per questo si dice che oggi più che di parrocchia occorre parlare di parrocchie,
ossia di modi diversi di interpretarne l’identità teologica ed ecclesiale dallo scenario pastorale.

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